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Cornelia, vivere nonostante tutto
Samsiatou Housseni Aboubacari Djarra, Shamsy

Cornelia, vivere nonostante tutto

Cornelia Paselli (Marzabotto, 4 novembre 1925) è figlia di Virginio e Angiolina Mazzanti.
Nella strage di Casaglia (settembre 1944) perde la madre, i fratellini Luigi e Maria e diversi parenti. Assieme alla sorella Giuseppina, allora quindicenne, anche lei superstite al cimitero di Casaglia, si trasferisce a Bologna nel novembre del 1945. Quello stesso inverno, scopre che anche Virginio era deceduto a seguito di una ferita da granata.
Cornelia sposa nel 1948 un reduce della campagna di Russia, Franco Trevisi. Nel 1949, nasce la prima figlia, Angela, e dodici anni più tardi il più piccolo, Luca.
Grazie alle amichevoli insistenze di una amica maestra, Cornelia comincia a raccontare la sua storia solo molti anni più tardi. L’incontro con la Scuola di Pace rende poi il lavoro di testimonianza più intenso e costante.
E da allora non si è più tirata indietro.
(da "Vivere, nonostante tutto", ed. Zikkaron 2021)

Possatore

Italy / Marzabotto, Bologna

[…] Avevo circa tre anni e abitavo in montagna, a Possatore, vicino a Monte Sole, in un podere circondato da boschi e campi coltivati.
La mia famiglia era tra le più antiche della zona e come i nostri antenati anche i miei genitori, Virginio Paselli e Angiolina Mazzanti, erano contadini. A quell’età frequentavo l’asilo di Cerpiano, un borgo non lontano da Possatore, che raggiungevo a piedi, accompagnata da mio padre […] Mio padre tornava a prendermi nel pomeriggio e lungo la via del ritorno ci fermavamo nel bosco a raccogliere le castagne e i funghi.

La casa del Possadore da lontano

Gardelletta

Italy / Marzabotto, Bologna

Avevo quasi compiuto quattro anni quando la famiglia si ingrandì con l’arrivo di mia sorella Giuseppina. La casa a Possatore non fu più sufficiente a contenerci tutti, così ci trasferimmo giù a valle, lungo il torrente setta, a Gardeletta, un piccolo borgo che aveva due scuole e un negozio, tutte rarità per la zona (…)
Un giorno (la maestra Antonietta Benni) mi fece una promessa straordinaria: “Una volta che vado a trovare la mia famiglia a Bologna, ti porto con me”.E infatti, tempo dopo, domandò a mia madre il permesso di farmi vedere la città. (…)
Fu come visitare il Paese delle Meraviglie!
Io e la maestra prendemmo la corriera (…)
Io non avevo mai visto una città. I negozi, le vetrine, le luci…Tutto era un incanto!
Mi aggiravo per le strade con gli occhi spalancati, esclamando di continuo in dialetto montanaro: “Che meraviglia! Che bello!”
Il fratello della maestra mi portò in giro a visitare il centro storico e si divertì un mondo a vedermi così entusiasta.(…)
Dopo qualche giorno facemmo ritorno a Gardeletta.
Sulle prime, nel rivedere il mio paese rimasi un po’ stordita: “Com’è possibile?- mi dicevo – com’è possibile che sia così diverso?”
Faticavo a riconoscere il paese dove abitavo, dal tanto che la città mi aveva abbagliato.

Cornelia a passeggio

Ca Veneziani

Italy / Monzuno, Bologna

A circa undici anni terminai la scuola. Si iniziò allora a discutere del mio futuro.
I miei pensarono che forse mi sarebbe piaciuto il mestiere di sarta, ma per quello occorreva trovarmi un’ insegnante (…) La signora Zanini mi prese volentieri a lavorare con lei e io mi appassionai immediatamente al lavoro.
Dopo due anni, crebbe in me il desiderio di andare a lavorare in una sartoria a Bologna. (…)
Grazie a delle conoscenze (…) avevo trovato lavoro come sarta apprendista presso la Signora Iolanda Veronesi che viveva in Piazza Galvani, in pieno centro storico a Bologna.
Il viaggio (da Ca’ Veneziani a Bologna ndr) era divertente, il lavoro faticoso, ma soddisfacente. (…)
Durante l’autunno e l’inverno, il viaggio (…) diventava problematico per via del maltempo.
Una mia cugina, figlia di una delle sorelle di mia madre, abitava a Bologna in via Mentana, e si offrì di ospitarmi. Trascorsi così da lei i lunghi periodi invernali. Di tanto in tanto, nelle giornate di riposo, si andava a fare visita ad una famiglia che abitava nella stessa palazzina.
Questi avevano due figli, all’incirca della mia età, Franco e Giancarlo, con cui legai subito.

Ca Veneziani

1993
CaVeneziani old
2022
CaVeneziani new

Cerpiano

Italy

Con la liberazione di Firenze nel mese di agosto (1944 ndr), lo spostamento del fronte nella nostra zona divenne inevitabile.
Finalmente papà comprese il pericolo: “È bene che ci ritiriamo sulla montagna. Là saremo al sicuro perché i tedeschi non si addentrano nei boschi. Ci ospiterà la Signorina Benni, a Cerpiano”.
Io e la mia famiglia partimmo da Gardeletta il 26 settembre 1944. Era un martedì.
Lasciammo Tea, la pecorina, a Cà Bavellino, da una coppia di contadini nostri amici […].
Io presi con me la borsa che usavo per lavoro. Dentro ci misi il cappottino appena imbastito che stavo confezionando. Volevo finirlo, per poi mostrarlo alla maestra Veronesi.

Cerpiano interno chiesa 01

Cerpiano, la scuola

I miei genitori mi portavano all’asilo di Cerpiano. Lì c’era la maestra Antonietta Benni. Che mi affezionai subito. Ci insegnava a disegnare, le poesie a recitarle, a dire le preghiere. Quando veniva Monsignor Brini da Bologna, si raccomandava di essere bravi e buoni.

SignorinaBenni Cornelia a scuola

Casaglia, alla Chiesa

Italy

Casaglia, al Cimitero

Italy

San Mamante

Dopo qualche tempo, decidemmo di rifugiarci assieme ad altri superstiti a San Mamante, sopra Vado, perché là il rastrellamento era stato meno brutale.
Sapevamo che altri amici sopravvissuti si trovavano là e speravamo di trovare notizie di nostro padre. Venne con noi anche Sara […] Papà scoprì dove eravamo. Ci corse incontro, rise, pianse, rise di nuovo. Rideva di gioia e poi piangeva […]
Così ci riabbracciammo finalmente, ma appena papà si rese conto che non avevamo da mangiare, decise di recarsi a Ca’ Bavellino, dove avevamo lasciato un po’ del nostro grano.
Lo salutammo, con l’idea di rivederlo in poche ore. Trascorse la notte e tutto il giorno dopo… Non tornò più.
Più tardi, una nostra conoscente, una contadina, ci disse d’averlo visto: i tedeschi lo avevano arrestato assieme ad altri uomini per portarli al fronte, dove avrebbero dovuto trasportare munizioni.
In un momento di distrazione dei soldati, era riuscito a bisbigliare alla contadina un messaggio: appena possibile, sarebbe scappato per tornare da noi.

2017
San Mamante 1
2017
When I saw him, he was unrecognizable. The long beard, scoffed. I felt extremely hurted, more than what I went trough.

 

 

Verso Bologna

Italy

Io e mia sorella partimmo di notte, con una luna così piena che pareva giorno. […] Rimanemmo dalla zia (a Lama di Setta ndr) per qualche giorno, per decidere il da farsi. […] Decidemmo di andare a Bologna.
[…] Sempre a piedi, il 15 novembre giungemmo a Casalecchio di Reno.
Rimasi ammutolita di fronte all’aspetto degli abitanti. Indossavano cappotti puliti e avevano le scarpe ai piedi. Le signore avevano i capelli acconciati e perfino il rossetto sulle labbra.
Provai una sensazione nuova, che non ho più dimenticato, quella di provenire da un altro mondo, che nulla aveva a che fare con quello in cui mi trovavo. Possibile che nessuno fosse al corrente di ciò che era accaduto? Possibile che la vita, nelle città vicine, avesse proseguito il suo corso normale?
I miei occhi osservavano la città, ma non erano più quelli di una bambina.
Erano gli occhi di una profuga che non ha più una casa a cui fare ritorno.

Cornelia a Vado

Bologna, liberata

Italy
Ricominciai fin da subito a lavorare alla sartoria dalla signora Veronesi […]
Anche Franco era miracolosamente scampato alla morte […]
Riprendemmo a frequentarci. Il suo sguardo era diverso, ma la gentilezza era la stessa.
Ci sposammo il 4 aprile del 1948, avemmo due bambini e una vita felice insieme, ma non parlammo mai della guerra […]
Ho superato tutto, ma, ancora oggi, mi agito ogni volta che vedo la gente litigare.
Mi impegno per trovare una soluzione e vedere la pace ristabilita il prima possibile.
Ripeto sempre che tutto si risolve, tranne la morte.
Autunno a Monte Sole

Bologna, l’impegno per la memoria

Ero contenta di raccontare, proprio dicevo… ho sempre detto tutto quello che avevo… come era successo, e ho sempre testimoniato tutto quello che io ho percepito e ascoltato.
Adesso, con la pace, io quando torno a Monte Sole, lo visito come un santuario. Proprio sento che qualcosa c’è perché c’è stato un periodo che prima mi disperavo, poi piano piano ero contenta felice di venire qua e raccontare.
Perché ci sono stati tanti incontri con le scuole e lì ero contenta di trasmettere e di dire sempre di fare i bravi, anche cominciando dai giochi, di non arrabbiarsi.
Cercavo di dire quello che provavo. Mi è rimasta la paura del male, quella c’è sempre. Io all’inizio avevo paura anche di dire certe cose, temevo di essere uccisa. Tanti raccontano la storia per sentito dire e questo è assurdo, è assurdo.

La cosa più tragica che non si può dimenticare è il momento in cui cominciano a sparare su tutto, su tutti. Io mi dico: “Dio mio! Devo proprio morire adesso? Ho appena 18 anni…”. Ho visto tutto buio… e non ho mai potuto dimenticare quel momento.

La vita è proprio sacra, bisogna mantenerla.

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A Pasqua 2019 Cornelia incontra Ben e Omar, due ragazzi di 16 anni migranti arrivati in Italia senza la loro famiglia.
Loro si sono capiti benissimo, ‘parlandosi’ in una lingua fatta di condivisione di emozioni ed esperienze che superava la distanza degli anni e delle culture.
Il racconto del loro incontro è stato di ispirazione per molti altri incontri.

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Cornelia si è spenta il 19 aprile del 2022, proprio mentre completavamo la sua storia.

2021
Presentazione_2021_1
2021
Presentazione_2021_2

Bologna_2022

Italy

Partire dalle esperienze traumatiche di chi ha sofferto a Monte Sole per mettersi in ascolto delle vicine memorie e dei racconti lontani che le persone migranti portano con sé.

Vai al racconto di Shamsy ed esplora la sua storia.

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